Impatto del fumo sui livelli ematici di clozapina, una meta-analisi

Il fumo di tabacco ha un impatto significativo sui livelli di clozapina nel sangue, minandone efficacia e sicurezza. È quanto emerso da una meta-analisi pubblicata sulla rivista medica Acta psychiatrica scandinavica. La clozapina, il più efficace farmaco per la schizofrenia resistente agli altri trattamenti, è uno dei pochi antipsicotici per cui è necessario il monitoraggio terapeutico, con livelli sopra la soglia massima di 1000 ng/ml associati ad un aumento del rischio di convulsioni. L’isoforma 1A2 del citocromo P450 è responsabile di circa il 75% del metabolismo del medicinale, convertito nel suo metabolita primario norclozapina. Gli idrocarburi policiclici aromatici generati dal fumo di tabacco sono induttori dell’attività di CYP1A2, determinando un aumento del metabolismo della clozapina.

La percentuale dei fumatori è circa cinque volte più alta tra le persone affette da schizofrenia rispetto alla popolazione generale e un consumo quotidiano di 7-12 sigarette può essere sufficiente a provocare la massima induzione del metabolismo della clozapina. Iniziare a fumare rappresenta quindi un rischio clinicamente rilevante per quanto riguarda la risposta inadeguata alla terapia e le ricadute, mentre la cessazione del fumo da parte di coloro che assumono clozapina può provocare una severa intossicazione.

Per aiutare i clinici a scongiurare livelli subterapeutici o sovraterapeutici di clozapina e gli effetti deleteri associati ai due scenari, è stata condotta una revisione sistematica della letteratura, includendo nella meta-analisi 23 studi per un totale di più di 7000 soggetti con disturbi psichiatrici. Ciò ha permesso di valutare l’impatto del fumo sui livelli ematici di clozapina nei soggetti trattati, evidenziando come le concentrazioni di farmaco nel sangue risultino ridotte di un terzo nei fumatori rispetto ai non fumatori. Per i pazienti in trattamento con clozapina che fumano e successivamente smettono di fumare sono raccomandate riduzioni del 30% della dose di farmaco, oltre al monitoraggio dei livelli ematici. Nei pazienti che iniziano a fumare va invece tenuta sotto controllo l’eventuale comparsa di segni clinici indici di un sottodosaggio, quali ansia, irrequietezza e disturbi del sonno.

Studi futuri dovrebbero considerare anche altri fattori in grado di influenzare la concentrazione di clozapina nel sangue attraverso il sistema CYP450, come l’etnia, in particolare l’origine asiatica, il genere, l’età, l’esistenza di polimorfismi genetici a carico di CYP450, l’assunzione di caffeina e la co-somministrazione di medicinali che diano luogo ad interazioni clinicamente rilevanti con CYP1A2. Per esempio, valori elevati del rapporto concentrazione/dose, indicatore di una clearance inferiore della clozapina, sono associati a sesso femminile, non fumatori, asiatici, metabolizzatori lenti, intervento di inibitori di CYP, obesità, infiammazione e, probabilmente, insufficienza renale e gravidanza, mentre valori inferiori del suddetto rapporto possono indicare mancanza di aderenza oppure essere associati a sesso maschile, fumatori, non asiatici, induttori di CYP.