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Legge di Bilancio, la posizione della distribuzione intermedia

La bozza di legge di Bilancio in discussione alla Camera prevede un incremento della remunerazione per i distributori intermedi pari allo 0,65% sul prezzo dei farmaci di classe A e un contributo aggiuntivo di 5 centesimi a confezione sui medesimi farmaci per gli anni 2026 e 2027. Walter Farris, presidente dell’Associazione distributori farmaceutici (Adf) ha espresso apprezzamento per tali misure, evidenziando come esse siano un riconoscimento della criticità della situazione in cui versano le aziende del settore. Secondo Farris «è finalmente maturata la consapevolezza che senza di esse le nostre aziende, schiacciate da anni di sotto remunerazione e sempre più gravate da costi crescenti, non potrebbero che tagliare pesantemente il servizio e ridurre quindi numeri e volumi delle forniture dei medicinali con ripercussioni sia sulle aziende fornitrici sia sulle farmacie e quindi sui pazienti».

L’impossibilità di coprire i costi operativi dei distributori intermedi

In una nota congiunta diramata insieme a Federfarma Servizi mercoledì 13 novembre 2024, l’Adf ha ricordato che la «distribuzione intermedia sopporta infatti da anni una remunerazione sul farmaco di classe A, imposta dalla legge, così esigua (pari al 3% sul prezzo del medicinale) da non coprire neppure i costi operativi». Dunque «i grossisti perdono oltre 25 centesimi per ogni confezione di medicinale di fascia A consegnato alle farmacie, con la conseguenza che questa compressione dei margini conduce ad erogare sottocosto servizi di interesse pubblico per il SSN mettendo a repentaglio le posizioni lavorative di oltre 17.000 addetti diretti ed indiretti del settore».

Problema strutturale della sotto remunerazione

Ebbene, secondo le sigle dei distributori intermedi «le misure in legge di Bilancio, seppure decisamente apprezzate dalla categoria, non consentono tuttavia di risolvere il problema strutturale della sotto remunerazione che si è verificata negli anni precedenti con il taglio del margine dal 6,65% al 3%. Secondo studi condotti dall’università Sapienza di Roma si calcola infatti che dal 2009 al 2019 i distributori abbiano perso circa il 70% dei propri margini sul farmaco di classe A con un trend spinto, in particolare, dal progressivo calo dei prezzi dei medicinali, dalla Distribuzione Diretta ospedaliera per non parlare del periodo della pandemia e del post-pandemia. Negli ultimi anni, insieme agli altri partner di filiera, i grossisti hanno operato in uno scenario di “policrisi” a più dimensioni: carenze di medicinali, aumento dei costi energetici e di carburante, crisi finanziaria, inflazione, aumento dei tassi d’interesse bancari. E gli ultimi bilanci delle aziende di distribuzione confermano l’aggravarsi della situazione e lo stato di crisi del settore che non può che peggiorare nei prossimi anni per effetto dell’incremento continuo dei costi di trasporto e del personale».

Capillarità del servizio a rischio

Secondo le sigle «in tale scenario diventa di fatto impossibile continuare ad assicurare la capillarità di un servizio attraverso il quale viene assicurata la fornitura di medicinali anche nelle zone più remote del Paese, in particolare alle farmacie rurali. Senza un intervento che, irrobustendo tutta la filiera del farmaco, consenta ai distributori di recuperare quantomeno parte della marginalità persa, c’è il rischio concreto di collasso dell’intero sistema». Farris e Mirone auspicano «che vi sia la più ampia condivisione delle misure riportate nel disegno di Legge nell’interesse di tutto il sistema sanitario nazionale e sia consentito ai grossisti di recuperare almeno parzialmente la necessaria marginalità. Potremo così continuare a svolgere il nostro compito di razionale ed efficiente distribuzione dei medicinali attesi tutti i giorni dai pazienti in farmacia».