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Invio telematico corrispettivi, la procedura per il reso dei beni acquistati

Dallo scorso 1 luglio 2019 le attività con volume d’affari superiore a 400mila euro hanno ottemperato all’obbligo di memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei corrispettivi. Dal 1 gennaio 2020, invece, tutte le attività in Italia saranno soggette a tale obbligo. In merito alle procedure da effettuare in caso di resi di beni acquistati, l’Agenzia delle Entrate ha confermato le modalità già stabilite con precedenti Risoluzioni del 2001 e del 2003, imponendo all’operatore l’acquisizione di informazioni per identificare in modo puntuale l’operazione, desumendole generalmente dal contenuto della fattura e della nota di variazione. A darne notizia è la stessa Federfarma, la quale specifica in una nota che «nel momento in cui il cliente si presenta per rendere il bene in negozio, il commerciante deve aprire la pratica di reso, deve attribuire alla pratica un numero di identificazione che deve essere riportato su ogni documento emesso per certificare il rimborso e deve acquisire tutti quegli elementi probanti l’acquisto originario».

Quanto alle informazioni da acquisire, esse sono «le generalità del soggetto acquirente», «l’ammontare del prezzo rimborsato», ed infine «i dati di riferimento del documento certificativo dell’operazione originaria». A tal proposito Federfarma sottolinea che «l’acquisizione di tali informazioni che, come sottolinea il principio 21/2019, sono quelle che teoricamente sarebbero state desumibili se fosse stata emessa una fattura, devono consentire in ogni momento all’Amministrazione finanziaria di ricostruire le singole operazioni e la corrispondenza delle stesse con l’ammontare dei corrispettivi trasmessi e con le registrazioni effettuate». Ne consegue che, secondo quanto riferito dall’Agenzia delle entrate, «il commerciante può operare il reso solo se il cliente è in grado di esibire il “documento commerciale” relativo all’acquisto originario». Documento che, evidenzia Federfarma, «rispetto al passato è identificato in modo inequivocabile dal codice di identificazione del punto vendita e del relativo Registratore Telematico». Infine, «deve essere dimostrata l’esatta corrispondenza tra l’ammontare dei corrispettivi trasmessi e quanto registrato. A tale proposito l’Agenzia sottolinea che, al fine di identificare correttamente le operazioni che si sono realizzate, il contribuente può utilizzare le scritture ausiliarie di magazzino».